mercoledì 6 aprile 2016

Saga della Corona delle Rose - Il Progetto

"Poi il Signore Dio disse: <<Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!>>. Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via dell'albero della vita.". Genesi 3,22-24.

Con la disubbidienza e l'esilio dal Paradiso l'uomo ha infranto un legame che era perfetto, quello tra Creatore, Creato e Creatura; impressionato prima ancora che incuriosito, con la Saga della Corona delle Rose ho voluto intraprendere un viaggio alla ricerca di quei legami perduti. Non sono un teologo, né un profondo conoscitore delle Sacre Scritture e nemmeno quest'opera vuole essere un trattato spirituale; semplicemente ne ho ricavato l'idea per esplorare l'aspetto più fantastico e incantato del passato ancestrale che mi ha suggestionato.
L'ambientazione è Arbor, terra fantasy con la sua genesi e le sue cronistorie, il contesto è quello di un ragazzo che dovrà scoprire se può essere ricostruito il Patto infranto o se le tre nature sono condannate a subire per sempre le conseguenze del gesto scellerato che le ha portate alla divisione. L'argomento è affascinante e combinato con elementi caratteristici di Arbor: il vento dell'Haor, i Divoratori, i Monaci del Monte Torre, gli Angeli e molto più di ciò che potresti immaginare, ti assicuro che vale la pena d'imbarcarsi per quest'avventura, perché sicuramente vivrai esperienze indimenticabili. La ricerca ha inizio con il Divoratore d'Ombra e non commettere l'errore di pensare che sia tutto troppo scontato...
Seguite questo post anche in futuro, perché lo amplierò e magari potrebbe nascerne uno scambio d'opinioni costruttivo.

venerdì 1 aprile 2016

Racconto fantasy... online



In uno degli antichi regni dei Lore, al tempo della Fenice Azzurra, nacque una bimba di nome Neverell…
Era una fresca giornata d’autunno e il mondo era tinto di colori caldi, sfumature di giallo e oro, rosso e marrone. A tutti fu subito chiaro che la fanciulla fosse diversa dagli altri Sidenlore: le sue ali, invece che candide e argentate, erano scure e spente.
Né la sua bellezza, né la sua gioviale esuberanza, riuscirono mai a colmare, negli anni, quel senso di stranezza che si provava stando alla sua presenza e quando giunse il momento di prender marito, i suoi genitori temettero che sarebbe rimasta per sempre sotto la loro protezione, non vedendo possibile che un signore nobile e onorevole potesse apprezzarla.
Giunse invece un giorno, da molto lontano, un ricco mercante con uno stuolo di servitori e guardie del corpo, che sostando nel regno per vendere le proprie merci, ebbe modo di conoscere Neverell e di desiderarla. Senza pensarci due volte la chiese in moglie ai suoi genitori e questi, approfittando di quella che ai loro occhi sembrò una grande fortuna, acconsentirono.
Dal canto suo Neverell non si oppose, ringraziando devotamente colui che sarebbe divenuto il suo tutore; lasciò reame e famiglia e intraprese un lungo viaggio per raggiungere la sua nuova patria. Giunta a destinazione rimase presto incinta e non potendo seguire il marito per via del suo stato, questi la fece alloggiare in uno dei suoi sontuosi palazzi promettendole che sarebbe tornato il giorno della nascita del suo erede e così fece ogni volta che Neverell rimase incinta.
Quando le cose sembravano trascorrere al culmine di ogni serenità, gli affari del marito di Neverell precipitarono paurosamente in un baratro di povertà e si ritrovarono ben presto senza più ricchezze.
Neverell dovette far ritorno nel suo reame natìo con i figli, mentre il suo decaduto signore fu costretto a partire in cerca di fortuna.
Una mattina Neverell si alzò molto presto e andò da sola nella foresta, profondamente turbata e ansiosa. Camminò a lungo finché non vide qualcosa d’incredibile e meraviglioso allo stesso tempo: un bianco unicorno era sdraiato a terra a fianco di un giovane uomo ferito a morte.
Dapprima titubante, Neverell esitò ad avvicinarsi, temendo che la creatura incantata potesse reagire male nei suoi confronti, ma inginocchiandosi e strisciando lentamente sul tappeto di foglie si avvicinò al ragazzo e vide che aveva una freccia nera conficcata nel petto.
Il ragazzo respirava a fatica, la vita lo stava abbandonando e Neverell, rapita dalla gentilezza del suo volto, riscaldata nel cuore da un’emozione che non aveva mai provato fino ad allora, si sentì invadere da una dolce sensazione di tenerezza. Doveva aiutarlo, doveva fare qualcosa per salvarlo!
Come prima cosa sapeva di dovergli estrarre la freccia. Appoggiò il suo capo sul suo petto, gli estrasse l’arma che lo stava uccidendo e mentre con le mani premeva sulla ferita, con le ali scure e spente lo avvolse per riscaldarlo e proteggerlo dai venti freddi.
Trascorse con lui tutto il giorno e la notte, finché Neverell si addormentò, esausta.
Al suo risveglio del giovane non vide più traccia, ma l’unicorno era rimasto con lei. Provò un senso di perdita, di tristezza incolmabile, sperò che si fosse solo allontanato, ma trascorsero alcune ore, nelle quali provò anche a cercarlo, ma del ragazzo nessun sentore. Misteriosamente l’unicorno l’aveva seguita in ogni suo spostamento e anche quando si decise a riprendere la strada verso casa, la creatura leggendaria non si congedò da lei…