martedì 27 dicembre 2016

Anteprima ASSOLUTA! Prologo del seguito de Il Divoratore d'Ombra



Come promesso, ecco la bozza del prologo del nuovo capitolo della Saga della Corona delle Rose, il cui titolo sarà: L'Obelisco dei Divoratori...
I vostri commenti sono più che graditi e grazie ancora per il sostegno!

Prologo…

«Dove sono?». Aprì gli occhi su un mondo divorato dalle fiamme.
Le pareti degli edifici circostanti crollavano in un fiume di lava che ne insidiava le fondamenta e a numerosi altri crolli, non troppo lontani, si aggiunsero numerose grida di dolore.
“Muelnor” si ripeté mentalmente, riconoscendo alle sue spalle l’ingresso ormai deformato della Cripta-Guscio e più in alto il mastio tenebroso del Maniero. La lava era ovunque; fratture nel terreno si aprivano come ferite aperte e sanguinanti; bocche che vomitavano lava si spalancavano dalle mura di pietra delle case; la cenere si mischiava a densi vapori prodotti dalle fiamme mentre getti di lava scaturivano dal terreno come fontane; sotto i suoi piedi scorreva un fiume denso e viscoso di roccia fusa, ma più che spiegarsi il motivo per il quale quell’inferno non gli nuocesse, una domanda più impellente lo assillava prepotentemente: “Dove vado?”. Lo pervadeva un forte senso di perdita, come se non gli importasse più nulla tranne che di se stesso. Colse all’improvviso un bagliore metallico e fu come spronato a muoversi, a doversi accertare di cosa fosse e gli risultò piuttosto facile e veloce spostarsi mentre il mondo gli crollava addosso; si avvicinò al baluginio e intravide la statua del Governatore Shabin prima inclinarsi da un lato e poi sprofondare nella melma incandescente.
«Ehi tu, aiutami!» gridò qualcuno, subito rapito da una tosse convulsa.
Sollevò il capo verso il punto da cui era provenuta quella richiesta e scorse la figura di un uomo abbarbicato sul piano inclinato di un piccolo portico. Era riuscito ad arrampicarsi fin lassù sfruttando la struttura arrugginita di un vecchio carro abbandonato, ma da lì non gli sarebbe stato facile raggiungere un punto più alto e sicuro.
«Ah no, aspetta, tu sei Crios, il Divoratore! Sei tu la causa di questo inferno!» gridò costernato, cercando di saltare più in alto possibile per aggrapparsi allo stipite di una finestra, invano.
“Il Divoratore…” pensò, fermandosi. Nella sua mente riaffiorò l’ultima immagine prima del buio. C’era il Divoratore che si dimenava e lui che si allontanava da esso, strappato via dalle Ombre; un senso di benessere e di pace lo aveva avvolto, subito oppresso da un’angoscia crescente prima del vuoto e del silenzio. “Sono un’Ombra adesso!”. E quell’uomo che tentava di sfuggire alla lava era Rodney. “Myls!” urlò nell’angoscia del suo animo tormentato. Il suo e i nomi di tutte le persone che aveva conosciuto in vita, quando era Crios, riaffiorarono come la pioggia di una tempesta in quello che non poteva essere più il suo cuore, i suoi sentimenti, devastandolo. Si portò le mani appena visibili alla testa e nell’esplosione di un tuono nella sua anima, gridò: «Logren!».
«Che vuoi che ne sappia io di quel ragazzo! Lasciami in pace, vattene! Non ho fatto niente!». Travolto dal panico, nella foga di sfuggire alla morte, già terribilmente ustionato, scivolò sulle tavole e vi sbatté le ginocchia, fracassando le tavole con una facilità inaspettata, piombando dritto nel fiume di lava sottostante. Urlando e dimenandosi si consumò tra le fiamme in pochi istanti.
Quello che era stato il suo mondo scompariva nella cenere di una notte di tragedie. «Perché non sono andato con le altre Ombre? Cosa mi trattiene su questa terra di disperazione?».
Non ricevendo risposta riprese a muoversi e si ritrovò a percorrere gli stessi vicoli percorsi con Logren la fatidica notte dell’arrivo del maestro degli Invocatori. Un senso di rimorso lo attanagliò. “Logren, amico mio, ho tentato di ucciderti, il risentimento era così forte dentro di me da avermi reso pazzo, cieco… perdonami, ovunque tu sia”. Seguendo il fluire della lava in uno stretto vicolo si ritrovò ben presto davanti al Palazzo dove Firial operava in segreto per conto dell’Haorian; non era mai riuscito a scoprire niente di più di ciò che stava tramando, ma non gli era mai neanche interessato, tutto preso da se stesso e dalla sua superba arroganza. La lava avrebbe divorato presto anche il Palazzo e le mostruosità che conteneva, seppellendo forse per sempre tutti gli orrori di quel mondo perverso. C’era un altro luogo che avrebbe voluto vedere sprofondare e stava per proseguire oltre, quando intravide una figura emergere dalle propaggini infuocate del Palazzo. Pensando di nascondersi provò a oltrepassare la parete adiacente all’ingresso, ma come quando aveva un corpo, non gli risultò possibile. “Sono un’Ombra, non un fantasma”. Non poteva attraversare le cose, ma forse poteva immergersi nella lava. La figura emerse proprio mentre si stendeva come un velo sul magma rovente e quando si rese conto di non riuscire a immergersi, era troppo tardi per trovare un nascondiglio alternativo. “Ti conosco” si disse mentalmente: era lo stesso Nirb che aveva spaventato Logren la notte che lo aveva portato ad assistere all’arrivo della vittima per la Cerimonia Solenne.
Il Nirb lo oltrepassò di pochi passi, si fermò, si voltò, ma non abbassò lo sguardo. Un particolare che non aveva notato al primo incontro lo incuriosì molto: l’occhio sinistro era verde come i muschi di uno stagno dall’acqua limpida e sembrava emanare un bagliore impercettibile, forse causato dal riverbero delle braci ardenti circostanti, forse segno di un potere misterioso. Il Nirb rimase immobile a scrutare il mondo intorno a lui come se avvertisse qualcosa di strano e l’Ombra di Crios provò a immaginare cosa avrebbe potuto fare nell’evenienza che venisse scoperto, ma quando l’uomo si mosse, allontanandosi, capì d’averla scampata. Poteva essere un mago di uno Tre Ordini del Bosco d’Inverno, ma era più probabile che fosse un seguace della magia arcana. Ma cosa era venuto a recuperare? Alla cintura portava appesa una sacca di pelle nera e il contenuto sembrava essere sufficientemente pesante e spigoloso da far pensare a un contenitore. Decise di seguirlo, tenendosi a debita distanza per avere il tempo di dileguarsi nel caso venisse scoperto.
Il Nirb percorse in tutta naturalezza la nuova via solcata da uno dei tentacoli di lava; non esistevano barriere di alcun tipo per le colate liberate dal Crogiuolo infranto e ormai la città vecchia era irriconoscibile, sembrava uno scheletro con le ossa fracassate.
Quando giunsero dove avrebbe dovuto esserci la Mezzaluna Panoramica, la prima cosa che lo colpì fu la Lancia di Fuoco smembrata, successivamente i fiumi di lava che si mischiavano ai fumi roventi che risalivano dalle propaggini. La gente nei palazzi urlava disperata, si sporgeva dalle aperture e mentre coloro che abitavano più in profondità bruciavano, precipitandosi nell’inferno nero, gli altri morivano soffocati, tra spasmi e dolori atroci, cercando una via di salvezza, percorrendo i ponti per raggiungere il punto più alto, fermandosi però dove lui, quando era Divoratore, aveva distrutto tutti i collegamenti con l’esterno.
“Che cosa ho fatto?”. Li stava uccidendo lui, morivano a causa della sua scelleratezza.
Il Nirb pronunciò delle parole sconosciute e i contorni della sua figura si smaterializzarono come lembi di una ragnatela strappata e rapita dal vento. La sua forma incantata si staccò dalla lava, oltrepassò la Mezzaluna e volò sopra le cuspidi, puntando verso la pianura che precedeva i confini della Foresta d’Argento.
Come poteva raggiungerlo? Non poteva volare, ma poteva percorrere tutta la Mezzaluna fino alle mura a ovest. La velocità non sembrava essere un problema e senza perdere di vista la cupa macchia dello stregone che si stagliava sull’inferno cremisi, lo precedette mentre planava sulla via commerciale e dove lo stava aspettando un grosso e robusto carro chiuso legato a quattro cavalli neri. L’Ombra di Crios si avvicinò al carro prima dello stregone e individuò due figure, due nani che conosceva molto bene: uno di loro sedeva a cassetta, indossava una sopravveste di velluto nero che quasi si confondeva con la sua pelle violacea ed era il Guardiano delle Celle nel Tempio; l’altro, che stava vicino ai cavalli, era Grestwear, l’Erbolaio; la sua faccia era per metà di pietra e non poteva essere confuso con nessun’altro. “Che cosa ci fanno qui?”.
Quando lo stregone riacquistò le sue forme, poco avanti al carro, Grestwear gli si avvicinò e il Nirb indossò dei guanti robusti prima di tirar fuori dalla sacca di pelle nera che portava appesa alla cintura un cofanetto di pietra con incise raffigurazioni di uomini di tutti i Clan sui lati e sul coperchio l’altorilievo di un unicorno. La scatola non era più grande della sua mano, non sembrava avere una serratura, ma si vedeva nitidamente la linea solcata del coperchio.
«Ditele che le porterò il Profeta molto presto!» pronunciò il Nirb, consegnando il cofanetto al nano, che lo prese senza nessun tipo di precauzioni.
Grestwear salì dietro il carro e l’altro nano lanciò un colpo di redini e indirizzò i cavalli verso la via per il sud.
L’Ombra di Crios si allontanò dalla scena prima che lo stregone potesse scorgerlo. “Che cosa devo fare, ora?”. Poteva seguire il Nirb, ma qualcosa dentro di lui gli suggerì che le loro strade si sarebbero comunque intrecciate di nuovo e dunque sarebbe stato meglio scoprire qualcosa di più del cofanetto. Raggiunse il carro e s’intrufolò al suo interno.

martedì 18 ottobre 2016

Ultimi aggiornamenti

E' un pò che manco dal mio Blog e torno per aggiornarvi sugli ultimi sviluppi: il 24-25 Settembre sono stato ospite del Primo Festival medievale storico a Palombara Sabina, Castello Savelli, nel quale ho tenuto una conferenza su Il Divoratore d'Ombra. La settimana successiva ho promosso il mio ultimo lavoro in occasione di Romics, la Fiera del Fumetto. La prossima tappa sarà l'Expo Libri di Padova, dall'11 al 14 Novembre, nel frattempo mi sto organizzando per una presentazione nella Libreria Mondadori di Monterotondo e una presso il paese dove vivo, che è Palombara Sabina. Calendario ricco d'impegni, con tante soddisfazioni ed emozioni. Per Natale, il prologo del seguito de Il Divoratore d'Ombra, qui sul Blog e tante altre sorprese sui gadget di promozione. Continuate a seguirmi e grazie a tutti voi lettori e appassionati

venerdì 26 agosto 2016

Il Segreto del Cobra

Simpatica anteprima... A breve sarà pubblicato un racconto che ho scritto tra i banchi di scuola, esattamente all'età di 14 anni... così come fu scritto, con errori grammaticali, refusi, parole dialettali o completamente reinventate. Il suo titolo: Il Segreto del Cobra... Ne seguiranno molti altri, in attesa del seguito de Il Divoratore d’Ombra

sabato 6 agosto 2016

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lunedì 18 luglio 2016

Il Divoratore d'Ombra al Blog di Eleonora Marsella

Genesi di Arbor - Parte Uno



Per poter meglio comprendere il mondo nel quale ambiento tutte le mie storie, a partire da questo articolo, vi narrerò le sue cronache.


La genesi di Arbor
Arbor… il Continente delle grandi foreste, delle imponenti vette; la sua magia è un sussurro lieve sospirato da Fate Argentee, è una promessa romantica portata dai venti sulla scia delle verdi Fate del Muschio. Ma è anche rifugio di fosche tenebre, di agghiaccianti creature spettrali e misteri innominabili. Il contrasto tra l’amore, la poesia, le storie travolgenti dei suoi eroi e l’odio, l’angoscia, le rovinose tragedie di quanti abbracciano vie più seducenti, riporta l’eco di una sfida ancestrale fra Bene e Male; induce a riflessioni profonde sull’evoluzione delle razze e culmina in sfide così travolgenti da far vibrare il cuore. Per meglio interpretare le origini d’ogni storia di questa terra incantata, bisogna tornare indietro nel tempo, in un’epoca persa nella memoria delle più antiche leggende: nell’Universo esisteva un unico grande Sole, splendente e radioso, la sua luce, il suo calore, costituiva l’essenza della vita. La sua magnificenza era l’espressione visibile e tangibile del Dio Creatore e i soli che potevano contemplarlo erano gli Angeli.
 Tali figure, pure essenze, prive di lineamenti fisici caratteristici, non erano regolate da nessun sistema gerarchico; nessuna legge e ordinamento disciplinava il loro operato. Gli Angeli rispondevano unicamente al comando imperioso dell’amore. Man mano che le ere celesti si susseguivano e che gli angeli raggiungevano i confini più lontani dell’Universo, fu scoperta l’esistenza di un luogo abitato da presenze ostili e malvagie, le tenebre generate dall’assenza di Luce. L’esperienza che gli angeli esploratori riportarono condusse alla necessità di istituire il Primo Consiglio Angelico. A nulla valsero gli avvertimenti e gli inviti alla prudenza da parte dei Messaggeri del Creatore; numerosi Angeli, lasciatisi coinvolgere dalla grandezza del compito da svolgere, partirono per raggiungere il reame dell’eterna notte. Nessuno seppe cosa trovarono, ma al loro ritorno, l’innocenza delle loro essenze era stata corrotta; divenuti superbi e pervasi da un nuovo potere, gettarono nell’angoscia l’intero Ordine Angelico; cominciarono a crearsi un sole proprio, nero e freddo, capace di spandere ovunque solo tenebre, desolazione e paura. Lo scontro fu inevitabile e perdurò per ere infinite; la Luce contro le Tenebre, fratelli contro fratelli. Il Creatore non pose mai fine a questo conflitto nel modo che tutti si aspettavano, non avrebbe mai abbandonato le sorti dei suoi Angeli. Il conflitto ebbe termine con la distruzione del Sole Nero; un acuto stridore si diffuse dolorosamente nel silenzio dell’Universo e i frammenti del cupo astro furono sparsi ovunque. Uno di quei pianeti che assistette al Crepuscolo dell’Eterna Notte fu Hormon. Il frammento che vi precipitò si spaccò in due parti ed entrambe sprofondarono nel continente di Arbor.
Il Sole Nero, in quanto essenza di puro male, con una propria coscienza, bramava intanto di ricomporsi e il corpo principale rimasto nello spazio animò i Venti Stellari per sondare il Creato alla ricerca dei vari frammenti perduti. Il Creatore generò su Arbor i Sidenlore, i suoi figli prediletti e li fece abitare nella Foresta d’Argento; avevano lineamenti e tratti gloriosi, un aspetto imperioso e possente. Si muovevano eretti sulla terra e potevano volare nel cielo grazie ad ali lunghe e piumate come quelle degli uccelli. Il Creatore li aveva generati a immagine della sua perfezione, offrendo ad ognuno di loro il libero arbitrio; si rivelò ad alcuni prescelti, li istruì sul destino di Arbor e offrì la sua Alleanza. I Sidenlore risposero cominciando la costruzione della città madre: Irshan, proprio sopra uno dei due frammenti, assumendosi l’incarico di vigilare sui suoi influssi e impedire una sua eventuale ascesa nello spazio. Dalle polveri generate dalla divisione del Frammento presero vita bestie dalla ferocia inaudita: i Velkron.
 I Frammenti, nel frattempo, non ancora soggiogati dal potere dei Sidenlore, richiamarono in soccorso gli Antichi, che costituirono i loro regni in prossimità di Irshan e a sud di Arbor. Quando la Città Madre fu ultimata e vennero posti i Quattro Sigilli Elementali, gli Antichi del nord avevano già definito le basi per la Prima Guerra delle Bestie; i Velkron dilagarono come uno sciame di insetti, penetrarono nel cuore del regno dei Sidenlore e lo devastarono. Ogni meraviglia, ogni massima espressione d’arte fino ad allora raggiunta dai Lore, fu offesa e cancellata dalla furia e brutale violenza dei Velkron. Ma i Sidenlore ebbero la meglio e dopo circa duemila anni si guadagnarono un relativo periodo di tregua.
Il secondo Frammento, caduto in una regione paludosa situata a sud-ovest di Arbor, formato il suo esercito di Piante Mutanti, guidato dagli Antichi del sud, scatenò la Seconda Guerra delle Bestie ed essendo già i Sidenlore duramente provati, il Creatore affidò ai Mistici il compito di arginare la nuova ondata di malvagità. I Mistici abitavano Hormon già prima dei Sidenlore e per quanto si presentassero con tratti riconducibili al mondo animale, la loro essenza era molto affine a quella degli Angeli. 
Tra pause più o meno lunghe, il conflitto durò altri diecimila anni; le perdite furono paurose e drammatiche e senza un evento determinante, si affacciò il rischio di un annientamento globale delle razze e della vita su tutta Arbor. Due Sidenlore, votati al sacrificio eroico, pervasi d’amore l’uno per l’altra e per tutto il meraviglioso mondo che avevano imparato a conoscere, raggiunsero i Boschi di Etherya per trovare e distruggere l’Antico del Nord. Portarono con loro il Manto Sacro della Vita. I Sidenlore erano stati generati da una nube di luce e una volta compiuto tale miracolo, la nube si era deposta sui loro corpi sottoforma di un manto incantato. Portando il Manto al cospetto del nemico, i Sidenlore credevano di poterlo usare contro di lui per distruggerlo, ma riportarono soltanto un’amara sconfitta.

mercoledì 15 giugno 2016

Incipit tagliato de Il Divoratore d'Ombra

Una vera e propria chicca... l'incipit originale manoscritto di come doveva iniziare Il Divoratore d'Ombra... poi fu completamente stravolto, ma lo recupererò per il terzo volume, naturalmente c'è dell'altro...

sabato 11 giugno 2016

Il Muro d'Ombra - Gratis il pdf del romanzo

 Copertina di Giorgia Mancini
Il Muro d'Ombra
romanzo fantasy che ho scritto nel 2004, ambientato nel Mondo di Arbor
Iscriviti alla newsletter oppure inviami il tuo indirizzo e-mail nei commenti, sarò felicissimo di inviarti gratis il pdf del romanzo, che si presenta sotto forma di bozza, ma studiando la cover puoi renderti conto della quantità sorprendente di elementi fantastici che lo caratterizzano. Un regalo fantastico per te, per ringraziarti dell'interesse dimostrato.

mercoledì 18 maggio 2016

Il popolo dei Nirb

disegno di Leonardo Cino de Gli Spillati

I Nirb vivono su Arbor, nel Bosco d'Inverno e rappresentano il secondo anello dell'evoluzione umana dopo gli Holdan.

domenica 15 maggio 2016

Promozione de Il Divoratore d'Ombra a Dracomics



Bellissima esperienza, ho conosciuto molti giovani e bravi artisti del fumetto e ho fatto tesoro di nuovi aspetti del fare "fiera".

mercoledì 6 aprile 2016

Saga della Corona delle Rose - Il Progetto

"Poi il Signore Dio disse: <<Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre!>>. Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via dell'albero della vita.". Genesi 3,22-24.

Con la disubbidienza e l'esilio dal Paradiso l'uomo ha infranto un legame che era perfetto, quello tra Creatore, Creato e Creatura; impressionato prima ancora che incuriosito, con la Saga della Corona delle Rose ho voluto intraprendere un viaggio alla ricerca di quei legami perduti. Non sono un teologo, né un profondo conoscitore delle Sacre Scritture e nemmeno quest'opera vuole essere un trattato spirituale; semplicemente ne ho ricavato l'idea per esplorare l'aspetto più fantastico e incantato del passato ancestrale che mi ha suggestionato.
L'ambientazione è Arbor, terra fantasy con la sua genesi e le sue cronistorie, il contesto è quello di un ragazzo che dovrà scoprire se può essere ricostruito il Patto infranto o se le tre nature sono condannate a subire per sempre le conseguenze del gesto scellerato che le ha portate alla divisione. L'argomento è affascinante e combinato con elementi caratteristici di Arbor: il vento dell'Haor, i Divoratori, i Monaci del Monte Torre, gli Angeli e molto più di ciò che potresti immaginare, ti assicuro che vale la pena d'imbarcarsi per quest'avventura, perché sicuramente vivrai esperienze indimenticabili. La ricerca ha inizio con il Divoratore d'Ombra e non commettere l'errore di pensare che sia tutto troppo scontato...
Seguite questo post anche in futuro, perché lo amplierò e magari potrebbe nascerne uno scambio d'opinioni costruttivo.

venerdì 1 aprile 2016

Racconto fantasy... online



In uno degli antichi regni dei Lore, al tempo della Fenice Azzurra, nacque una bimba di nome Neverell…
Era una fresca giornata d’autunno e il mondo era tinto di colori caldi, sfumature di giallo e oro, rosso e marrone. A tutti fu subito chiaro che la fanciulla fosse diversa dagli altri Sidenlore: le sue ali, invece che candide e argentate, erano scure e spente.
Né la sua bellezza, né la sua gioviale esuberanza, riuscirono mai a colmare, negli anni, quel senso di stranezza che si provava stando alla sua presenza e quando giunse il momento di prender marito, i suoi genitori temettero che sarebbe rimasta per sempre sotto la loro protezione, non vedendo possibile che un signore nobile e onorevole potesse apprezzarla.
Giunse invece un giorno, da molto lontano, un ricco mercante con uno stuolo di servitori e guardie del corpo, che sostando nel regno per vendere le proprie merci, ebbe modo di conoscere Neverell e di desiderarla. Senza pensarci due volte la chiese in moglie ai suoi genitori e questi, approfittando di quella che ai loro occhi sembrò una grande fortuna, acconsentirono.
Dal canto suo Neverell non si oppose, ringraziando devotamente colui che sarebbe divenuto il suo tutore; lasciò reame e famiglia e intraprese un lungo viaggio per raggiungere la sua nuova patria. Giunta a destinazione rimase presto incinta e non potendo seguire il marito per via del suo stato, questi la fece alloggiare in uno dei suoi sontuosi palazzi promettendole che sarebbe tornato il giorno della nascita del suo erede e così fece ogni volta che Neverell rimase incinta.
Quando le cose sembravano trascorrere al culmine di ogni serenità, gli affari del marito di Neverell precipitarono paurosamente in un baratro di povertà e si ritrovarono ben presto senza più ricchezze.
Neverell dovette far ritorno nel suo reame natìo con i figli, mentre il suo decaduto signore fu costretto a partire in cerca di fortuna.
Una mattina Neverell si alzò molto presto e andò da sola nella foresta, profondamente turbata e ansiosa. Camminò a lungo finché non vide qualcosa d’incredibile e meraviglioso allo stesso tempo: un bianco unicorno era sdraiato a terra a fianco di un giovane uomo ferito a morte.
Dapprima titubante, Neverell esitò ad avvicinarsi, temendo che la creatura incantata potesse reagire male nei suoi confronti, ma inginocchiandosi e strisciando lentamente sul tappeto di foglie si avvicinò al ragazzo e vide che aveva una freccia nera conficcata nel petto.
Il ragazzo respirava a fatica, la vita lo stava abbandonando e Neverell, rapita dalla gentilezza del suo volto, riscaldata nel cuore da un’emozione che non aveva mai provato fino ad allora, si sentì invadere da una dolce sensazione di tenerezza. Doveva aiutarlo, doveva fare qualcosa per salvarlo!
Come prima cosa sapeva di dovergli estrarre la freccia. Appoggiò il suo capo sul suo petto, gli estrasse l’arma che lo stava uccidendo e mentre con le mani premeva sulla ferita, con le ali scure e spente lo avvolse per riscaldarlo e proteggerlo dai venti freddi.
Trascorse con lui tutto il giorno e la notte, finché Neverell si addormentò, esausta.
Al suo risveglio del giovane non vide più traccia, ma l’unicorno era rimasto con lei. Provò un senso di perdita, di tristezza incolmabile, sperò che si fosse solo allontanato, ma trascorsero alcune ore, nelle quali provò anche a cercarlo, ma del ragazzo nessun sentore. Misteriosamente l’unicorno l’aveva seguita in ogni suo spostamento e anche quando si decise a riprendere la strada verso casa, la creatura leggendaria non si congedò da lei…

giovedì 25 febbraio 2016

Il primo volume della Saga della Corona delle Rose




«Lasciatemi stare, andate via!». Si trascinò sul pavimento sperando di poter raggiungere l’uscita, sperando di trovare una via di fuga. Gli capitò fra le mani un taccuino di pelle rossa, simile a quello che aveva trovato nel braciere, solo che era aperto e le sue pagine strappate. Sulla copertina lesse “Il Diario del Profeta”; lo afferrò e lo infilò sotto la cintura, guardandosi intorno con gli occhi spalancati. Si alzò in piedi e corse lungo il corridoio, imboccando le scale in tutta fretta, cercando di vedere il meno possibile di quello che gli accadeva intorno. Si bloccò sull’ultimo gradino con il fiato che gli morì in gola, paralizzato davanti alla figura di un’Ombra; stava in piedi e lo fronteggiava, aveva le fattezze di un ragazzo Iriniano, la tunica degli Oblati e lo sguardo penetrante; sollevò il palmo della mano sinistra verso di lui, Logren ebbe un sussulto e tutto si fece buio.

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